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LA MASSONERIA NEL MELODRAMMA

Maestro Venerabile, Fratelli tutti ; e’ a tutti voi ormai nota la mia passione per la musica classica e l’opera lirica in particolare, e come voi ben sapete tra i piu’ grandi compositori nel firmamento della grande musica, molti sono stati nostri fratelli massoni.

Ecco perche’ questa sera ho il piacere di parlarvi di tre capolavori , testamento massonico di tre immensi maestri compositori quali W.A. Mozart, Giuseppe Verdi e Giacomo Puccini.

La storia del melodramma o comunemente opera lirica, nasce ufficialmente nel nostro paese con un giovane maestro compositore di nome Claudio Monteverdi, col suo Orfeo diede cosi’ inizio ad una tradizione musicale, che tolte eccelse eccezioni, ha fatto dell’Italia la sua culla rendendo il nostro paese noto in tutto il mondo come il paese del “ BELCANTO “.La storia del melodramma termina proprio con una delle opere piu’ belle e significative che ci vede coinvolti, ovvero la Turandot del maestro Puccini nel 1926.
Prima curiosita’ che vi voglio raccontare e’ questa, per tutti e tre i compositori sopracitati, la loro opera massonica, fu l’ultima composta nella loro vita, quasi a voler sancire una sorta di testamento nel quale si evince l’appartenenza alla nostra istituzione.
Nel 1791 Mozart col suo ‘ FLAUTO MAGICO ‘ nel 1893 Verdi col ‘ FALSTAFF ‘ e nel 1926 Giacomo Puccini con Turandot.

Delle tre opere , sicuramente la piu’ ricca e densa di simbologia massonica e’ il Flauto Magico, che gia’ dalla sua prima locandina di recita recava stampata in maniera molto esplicita la nostra simbologia.
Agli occhi di un profano, le vicende e i personaggi interpreti del Flauto Mozartiano possono sembrare far parte quasi di una favoletta per bambini, dove il mago buono vince sulla strega cattiva, il tutto contornato da angioletti, stelle, personaggi buoni, malvagi e stravaganti, ma la realta’ del messaggio e’ ben diversa e molto piu’ profonda e intimista.
Il significato massonico di quest’opera appare ben chiaro e si rivela fin dall’inizio , dai primi accordi dell’overture, ovvero la musica che ad ogni tornata ci acompagna all’interno del tempio…le prime battute simboleggiano il bussare tre volte, e il numero tre sara’ il filo conduttore di tutta l’opera, sottile e suggestivo legame che stringe il Flauto a Turandot.
Come dicevo, i tre squilli dell’intera orchestra, fanno riferimento ai tre colpi del bussante alla porta del tempio della luce, introducendo nella trama il percorso iniziatico del principe Tamino, seguendo un crescendo musicale che si interrompe a meta’, di nuovo con tre colpi , rimarcando la simbologia ternaria che accompagnera’ tutta l’opera.
Il sipario si apre ,con Tamino inseguito da un drago, salvato da tre dame, e saranno ancora tre fanciulli a guidare Tamino alla salvezza davanti alle tre porte del tempio del saggio Sarastro dov’egli dovra’ giurare di avere indomita costanza ,fede, e di serbare il silenzio su cio’ che vedra’ e udira’.
La missione di Tamino e’ quella di liberare Pamina, figlia dell’astrifiammante regina della notte, apparentemente prigioniera nel tempio della luce, e cosi’ poter ottenere il suo amore.
Tamino ha un compagno di viaggio, pappagheno, anch’esso di buoni e sani principi, ma dai modi maldestri e semplici, anche lui avra’ in dono l’amore della sua pappaghena, simbolo della luce trovata dopo aver percorso e superato prove morali e umanamente giuste.
Il tempio di Sarastro, come ho gia’ detto, si presenta con tre porte, alla destra la porta della pace e della serenita’, alla sinistra quella della natura e nel centro quella della luce.
A tamino verra’ donato da tre fanciulli un flauto d’oro , che dovra’ suonare in caso di pericolo, e a pappagheno un carillon con lo stessa utilita’.
Davanti alle tre porte Tamino canta l’aria piu’ significativa dal punto di vista esoterico, attraverso la quale e’ certo che il suo essere uomo onesto e di sani principi, lo aiutera’ nel superare le prove ed ottenere la salvezza e l’amore di Pamina.
Dopo maldestri tentativi d’ingresso alle porte laterali, Tamino bussa alla porta del tempio della luce, lo attende un sacerdote che con voce pacata gli chiede : straniero dove pensi di andare? Che cosa cerchi in questo tempio sacro? E Tamino sicuro di se risponde : il seggio dell’amore e della virtu’.
Sarastro e’ una sorta di maestro venerabile, e fa entrare nel tempio solo coloro che non sono mossi da sentimenti di odio e vendetta, come tutti i menbri che compongono la confraternita.
La conversazione tra il principe e chi lo accoglie nel tempio ,e il contraporsi tra l’ardire di uno e la saggezza dell’altro, viene sottolineato dall’intensificarsi della musica rivelando Mozart perfetto conoscitore dell’animo umano e delle sue infinite sfacettature.
Tamino , influenzato negativamente dalla Regina della notte, nei confronti di Sarastro, e’ convinto ch’egli sia malvagio e che voglia recare del male alla sua amata.
In realta’ Sarastro conosce il progetto d’amore che lega i due giovani, protegge nel tempio la fanciulla dalla perfidia della madre, e serba alle doti di rara saggezza, e virtu’ del principe la salvezza e l’amore di Pamina.
Tamino, messo a dura prova, in quel luogo silenzioso e sacro, potra’ conoscere la verita’ soltanto se sapra’ pazientare,osservare, valutare appieno il significato delle cose,esercitare su se stesso la volonta’ di capire, andare oltre le apparenze,tacere, liberarsi dal pregiudizio,dall’ira, dalla facile condanna di cio’ che altri pretendono di denunziare e giungere al cuore delle cose solo attraverso la sua coscienza.
La regina della notte, scende dalla luna, dalle tenebre, nel suo inconscio vuole alleata la figlia, quasi devota a lei, impedendole una vita felice e di essere amata, la sua malvagita’ e’ in forte contrasto con la luce, il sole, la verita’, rappresentata dal saggio Sarastro.
Tamino, per salvare Pamina, verra’ ammesso ai riti di Iside e Osiride, e solo dopo aver affrontato silenzio vento e fuoco, sara’ eletto uomo degno e di buoni costumi.
Il bene predomina sul male, la saggezza sulla furbizia, la giustizia sulla falsita’, e tutto il percorso di Tamino e le sue vicende all’interno del fatato tempio di Sarastro, segnano il percorso massonico piu’ alto , dove l’animo umano tocca l’apice della sua perfezione.
Come spesso accade nei grandi teatri internazionali, in cartellone, il Flauto Magico viene affiancato alla Turandot del nostro italianissimo Giacomo Puccini.
Sia Mozart che Puccini avevano raggiunto il massimo grado della libera muratoria , e le loro opere si affiancano per riferimenti, come l’oriente , il numero tre, le prove da superare e i misteri da svelare.
Turandot , malvagia principessa nella citta’ proibita di Pechino, invita principi e reali da tutto l’oriente, per sfidarli in un pericoloso gioco costituito da tre indovinelli, alla mancanza della risposta esatta il malcapitato perdera’ la testa sotto la falce del boia Putimpao.
In realta’ Turandot ha un anima fragile e controversa, animata dal senso di vendetta nei confronti di un regnante che uccise una sua ava. Cosi’ vendica in tal modo la celeste anima della defunta parente.
Colui che rispondera’ in maniera esatta ai tre enigmi avra’ in cambio il suo amore.
Calaf, principe descritto moralmente, molto simile a Tamino, da le tre risposte esatte, ma la principessa stizzita e indignata, non cede alla promessa fatta.
Calaf a questo punto , essendosi presentato in maniera ignota al cospetto della principessa e del padre, l’imperatore Altoum, propone alla medesima di scoprire il suo nome prima dell’alba, diversamente cadra’ anche lui sotto la sanguinante scure del boia.
Come nel flauto Tamino ottiene l’amore di Pamina per merito delle sue virtu’, cosi’ il bene trionfa sul male pure in Turandot, Calaf ottiene il suo amore, ed entrambi i finali sono contradistinti da un luminosissimo sole che irrompe sulla scena.
L’oriente di Turandot, e’presente anche nel Flauto, Tamino era un principe cinese, e nella scenografia originale, tantissimi riferimenti riportano all’antico Egitto e alla simbologia dei faraoni, ed entrambe le vicende sono ambientate in un era inesistente, proprio come le fiabe.
Entrambi i racconti sono intrisi dal numero tre, numero massonico per eccellenza, tre sono le dame velate che salvano tamino dal drago, tre i genietti dalle voci bianche che accompagnano il percorso del principe, tre le porte del tempio…..tre le prove da superare….tre i dignitari reali di Turandot, tre i suoi terribili enigmi,tre le prove superate da Calaf….Il Flauto e Turandot portano analogie esoteriche nello scandire della partitura e nella scelta del timbro delle voci, pur essendo diversissime nel gusto , nel suono ed appartendo ad epoche nettamente distinte.
Puccini non riesce a terminare la partitura stroncato da un cancro incurabile, lascia l’onore al suo fratello musicista Franco Alfano , iscritto in una loggia di Napoli all’obbedienza del GOI , raggiunse il 33° grado del rito scozzese antico e accetato.
La luna e’ spesso presente in tutte e due le opere, il susseguirsi delle scene e scandito dall’alternarsi del buio e della luce. La luna porta la Regina della Notte sulla scena, La luna scandisce l’ora del boia in Turandot, Il sole incorona i momenti di trionfo del bene, in certe rappresentazioni facendo irrompere in scena Sarastro sul carro solare.
Infinite altre simbologie , minuzziose e impercettibili, coronano questi due capolavori, per ovvie ragioni ve le risparmio, ma invito la vostra curiosita’ ad ampliare i contenuti sino adesso descritti.

Di tutt’altri contenuti e simboli e il Falstaff musicato da Verdi.
Nessun principe, nessuna prova e nessun percorso esoterico.
Ci sono pareri contrastanti sull’appartenenza del maestro Verdi alla nostra istituzione, tuttavia qualche fratello musicologo attento ha colto in Falsaff singolare e occulta simbologia , potrebbe apparire una forzatura, ma agli occhi esperti e attenti di vari studiosi parrebbe l’esatto contrario.
Gli indizi massonici del Falstaff sono sorti solo dopo un attenta lettura dello spartito, ed esattamente sull’episodio culminante nel quale , il protagonista, il vecchio burlone sir Jhon Falstaff, che fin dall’inizio aveva tentato di conquistare due ricche dame, resta vittima di uno scherzo, e allo scoccare della mezzanotte , si presenta ad un appuntamento travestito da’ cacciatore nero’…..l’osservazione riguarda proprio il tema musicale dei dodici rintocchi , che si sviluppa in tredici battute con la voce di Falstaff, il suono della campana e un sottofondo di archi , gli accordi di questo episodio, del tutto estranei rispetto al carattere ottocentesco dell’opera, anticipano certe armonie che sarebbero poi comparse nel jazz trenta o quarant’anni piu’ tardi….ma non e’ questo il dunque….Verdi avrebbe potuto circoscrivere l’episodio in dodici battute, perche’ tanti sono i rintocchi della campana e perche’ il dodici e’ un numero ricco di simmetrie e significati, sarebbe stata una chiusura simmetrica, perfetta nell’episodio, invece scelse di utilizzare una battuta in piu’, la tredicesima, perche’? l’atto di andare oltre ricorda il concetto esoterico del superamento di un ciclo per cominciarne un altro, l’evoluzione mediante la rinascita, un idea che avrebbe percepito solo un vero massone.
Gli indizi esoterici si trovano quindi nella struttura matematica della partitura, dove il succedersi di accordi e parti dissonanti veniva a volte utilizzato dai compositori per indicare l’oscurita’, intesa come ignoranza da superare grazie all’uso dell’intelletto.
Falstaff e’ l’unica opera Verdiana che termina con un fugato, ovvero la forma musicale architettonica per eccellenza, un atto magistrale di contrappunto che lascia immaginare un omaggio alla divinita’ massonica, ovvero il grande architetto dell’universo.
La grande storia italiana ed europea del melodramma termina con Turandot e si riaccende timidamente piu’ avanti col Porgy and Bess del fratello americano George Gerswin, sfociando poi nel musical, evoluzione dell’opera lirica, tipicamente di tradizione statunitense.
La grande storia del belcanto italiano prosegue con la tradizione napoletana, e solo nell’ultimo recente ventennio con la valorizzazione del musical italiano .
Non si hanno notizie di riferimenti massonici nella storia del musical, solo in una rappresentazione dell’italianissima Notre Dame de Paris apparve un pavimento a scacchi bianco e nero e un altare tra due colonne.
Ho detto.



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